La Memoria. E l’attualità

Oggi durante le varie cerimonie ho sentito più volte la domanda “ma perché le persone hanno tollerato la persecuzione e l’olocausto degli ebrei, rom, omosessuali; sapevano, perché e non hanno fatto nulla?”.

Domande lanciate al vento, perché la risposta venga soffiata via, perché in fondo è sgradita. Ma siccome oggi a Trieste la bora picchiava impietosa, la risposta ci veniva sbattuta in faccia: perché si stava allora -in Italia, Germania, Europa- come in Russia oggi.

Perché le persone in Russia non si ribellano alla guerra contro un popolo che considerano ‘fratello’ e che non li ha aggrediti? Sanno dei massacri e delle distruzioni, sanno degli assassini di giornalisti, sanno delle ruberie degli oligarchi, sanno delle prepotenze dei siloviki, degli abusi e delle violenze del Cremlino, sanno che Putin è un criminale, perché non si ribellano? Perché non alzano la voce? Perché tacciono? Domande retoriche: sappiamo bene come funzionano le cose in Russia oggi.

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L’unica via d’uscita che dobbiamo garantire a Putin è quella della sconfitta

Per amore del popolo ucraino, di quello russo e di tutti i popoli europei e del mondo, Putin non deve vincere. Non deve neppure sembrare che abbia vinto. Non deve avere alcunché oltre alla sconfitta e all’umiliazione del perdente. Ogni altra opzione ne farà un eroe nazionale per i russi, lo rafforzerà al potere, e tempo 2-3 anni avremo nuovamente altre città europee sotto i colpi della sua artiglieria.

Mentre ancora Mariupol resiste e Odessa scava trincee, mentre 2-3 milioni di donne e bambini ucraini fuggono dal Paese, e una decina di milioni di cittadini sono sfollati internamente, mentre le bombe piovono e il Cremlino annuncia falsamente nuove trattative, l’Occidente cerca una possibile “via d’uscita” per Putin, che gli permetta di “salvare la faccia” dalla trappola in cui da solo si è ficcato, per evitare che alzi il livello della violenza.

Si sta cercando insomma che cosa “dargli” perché si consideri vittorioso e la smetta con le bombe. Premetto che spetta unicamente agli ucraini dare o non dare qualcosa, spetta unicamente a loro decidere sulla loro terra, se vorranno vivere in una Ucraina tagliata a metà, con o senza Crimea, con o senza il Donbas, con o senza l’accesso al Mar Nero, neutrali o smilitarizzati. Noi dobbiamo appoggiare la loro scelta qualunque essa sia. Ma una cosa penso che possono e devono dire tutti gli altri: Putin non deve vincere; deve essere sconfitto!

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La trappola di Mosca

C’è una costante nella politica estera russa nella storia contemporanea: non avere amici. Non è una mancanza, ma una precisa politica: meglio essere temuti dai nemici, guardati con sospetto dagli occasionali partner e concorrenti, e dominare chiunque sia più debole. C’è un solo interesse che conta: quello della Russia.

Qualsiasi vestito la Russia si sia cucita addosso -Impero, Duplice alleanza, Triplice intesa, Unione sovietica, Patto di Varsavia, Comunità di stati indipendenti, Federazione- l’obiettivo era sempre sfruttare gli altri a proprio vantaggio strategico: dominare, non essere dominati. Per questo è folle pensare di essere amico della Russia, anche se mossi da sincera volontà di amicizia: non sarà mai ricambiata, ma sarà interpretata come debolezza da sfruttare.

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Il giudizio universale unidimensionale

Il giudizio universale unidimensionale

Poteva Trump non stupire anche i suoi sostenitori, dopo che dell’imprevedibilità ha fatto la sua bandiera? Certo che no. E allora perché gli eurotrumpiani si stupiscono? Perché ragionano unidimensionalmente.

Buono o cattivo. Pro-Putin o anti-putin. Nostro o terrorista. Chiamatelo estremismo, massimalismo, radicalismo o come volete, ma la caratteristica delle menti deboli è che, essendo troppo difficile ragionare in un mondo complesso, riducono ogni questione a una sola dimensione — di qua o di là — e con i loro mazzetti di giudizi unidimensionali credono (cercano) di capire l’Universo.

Trump è amico di Putin. Putin è l’unico che combatte contro il terrorismo. Assad è l’unico che combatte contro l’ISIS. L’Unione Europea è un fallimento. La Brexit salverà il Regno Unito. ecc. ecc. ecc. Sono tra le frasi più semplici che si possano concepire in una lingua (“A è B”), e per questo sono efficaci nella comunicazione, ma nello stesso tempo sono talmente semplificatorie da non corrispondere affatto alla realtà. Continua a leggere “Il giudizio universale unidimensionale”

Ok, i treni sono sempre in ritardo, però…

Ok, i treni sono sempre in ritardo, però…

Pare che lo sport nazionale di molte persone di sinistra (e sarei tra loro, anche se ora qualche dubbio mi viene) sia giustificare i dittatori e prendersela con la democrazia.

L’ultimo, Fidel Castro, rivoluzionario, ha sconfitto gli Usa, l’embargo, l’analfabetismo e ha garantito sanità gratis a tutti. Muammar Gheddafi, l’unico a tenere testa all’occidente e tenere unita la Libia. Bashar Al-Assad, l’unico presidente arabo laico, multiculturale, che combatte contro l’Isis. Saddam Hussein, quando c’era lui l’Iraq era unito e non c’era al-Qaeda. Hugo Chavez, ha nazionalizzato il petrolio venezuelano e il paese era in crescita economica. Vladimir Putin, l’unico combatte l’Isis, mette equilibrio nel mondo, difende la cultura maschia etero-cristiana. Continua a leggere “Ok, i treni sono sempre in ritardo, però…”