Come mangeremo domani? – II

Noooo… niente slow-food, biologico e km0. Qua si continua a parlare del (non)lavoro!

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Intanto, per certificare che non sono (l’unico) matto, leggete qua:
– http://www.newyorker.com/news/news-desk/will-a-robot-take-your-job
– http://hyponymo.us/2013/01/29/100-percent-unemployment/

Eravamo rimasti che la situazione socio-economica attuale è un gradino — non saprei quale — verso la società in cui: a) le macchine lavoreranno al posto dell’uomo; b) i proprietari delle macchine guadagneranno; c) gli altri… si arrangeranno per mangiare.

Come ci si arriverà? Probabilmente non durante la notte, ma progressivamente tramite una riduzione del costo e della quantità del lavoro umano, che produrrà una riduzione di consumi di massa, che porterà a sua volta alla scomparsa del consumismo come modello economico.

Che senso avrebbe infatti produrre in massa per una popolazione che non può comprare? Inoltre la robotizzazione della produzione permette, sia di produrre quando serve e fermare la produzione — senza alcun costo — quando non serve, sia di produrre quantità limitate o persino esemplari unici di un prodotto senza alcuno spreco. Si pensi, per esempio, alle odierne librerie on-line, che stampano una copia del libro solo quando questa viene ordinata. Continua a leggere “Come mangeremo domani? – II”

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Come mangeremo domani?

Non è un post dedicato all’alimentazione, né al food-blogging / food-porn. Qua si parla di lavoro!

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C’è una prospettiva drammatica che i migliori ideologi e filosofi contemporanei ignorano. O sono maestri indiscutibili su vecchi paradigmi (capitale-forza lavoro), declinati nelle scintillanti varianti post-moderniste che piacciono tanto agli editori e editorialisti; o fanno finta di ignorare il problema, nella speranza di tirare le cuoia prima del patatrac.

Si tratta di un tema in confronto a cui la Riforma Fornero e il Jobs Act renziano sono pari alla storia del fantasma formaggino. E’ questo: manca i lavoro, quindi mancano le fonti di reddito; che se magnamo stasera?

La mia (e non solo mia) impressione è che la crisi economica che ci ha segato le gambe non sia temporanea. Come in un matrimonio, la crisi può durare 1-2 anni, poi ci si ripiglia o ci si lascia. Ma dopo 7 anni vuol dire che si è trovato un modo nuovo per andare avanti. Quindi credo che già abbiamo intrapreso — ora un po’ più velocemente — una strada già inevitabile: la fine del lavoro. Continua a leggere “Come mangeremo domani?”

Cose che vorrei NON rincontrare nel 2015

Buoni propositi, speranze, auguri? No, semplici richieste (a Babbo Natale?) perché certe cose rimangano congelate nel 2014.

Nel 2015 vorrei intanto che l’Italia non avesse più un Presidente della Repubblica incapace di esprimersi senza che le sue parole debbano essere interpretate, tra l’altro, con risultati diametralmente opposti. E’ così difficile dire frasi semplici e chiare? Già sto male all’idea dell’ennesimo discorso di Capodanno di Napolitano. Spero che Natalino Balasso faccia il suo video in tempo.

Nel 2015 vorrei non rincontrare più “datori” di lavoro che chiedono ai candidati di essere “fortemente motivati”, “orientati al raggiungimento degli obiettivi”. Lo so, vana speranza, “Coltiva la tua personalità, condividi i tuoi interessi, diventa protagonista” dice il sito dell’Expo Milano 2015. Il resto della pagina è anche peggio. Continua a leggere “Cose che vorrei NON rincontrare nel 2015”

Cerco lavoro

…qualsiasi, purché onesto e onestamente pagato


So che di questi tempi chiedo troppo, ma non ho altra scelta: sono disoccupato.

La professione e la professionalità accumulata in questi 11 anni purtroppo non ha più mercato (e dico mercato, non necessità), quindi il giornalismo per me deve essere declassato a hobby, piacere personale, tempo libero. Anche se ora, in questo preciso momento, non associo un sentimento di piacere al lavoro giornalistico. Forse è più passione, in senso cristico del termine. Ma passerà.

Mi ritornano in mente i consigli di qualche anno fa di colleghi anziani e qualche sindacalista: “Milos, trovati un lavoro serio e fai il giornalista per piacere”. Mio padre: “Vai in politica”. Eh… avessi dato loro retta allora. Invece ho deciso di essere Milos. Ed eccomi qua… sempre Milos.