C’era una volta Otpor!, il movimento serbo che nel 2000 riuscì a rovesciare Milosevic. La storia però non è finita lì. Bandiere dello stesso movimento, con la stessa scritta “Otpor!” o “Отпор!” negli anni successivi comparvero in altri paesi nel mondo che cercavano di rovesciare regimi tirannici o dittatoriali, alla ricerca di sviluppi democratici: in Ucraina, Georigia, Russia, Kirghisistan, Iran, Bielorussia, Moldavia, Albania, Venezuela. Ora è accertata la presenza di Otpor!, o meglio, del suo centro studi CANVAS anche negli attuali eventi in Tunisia, Egitto e Bahrain.
Tutto sto casino lo fanno i serbi? No, c’è il metodo. Per la sua strategia rivoluzionaria basata sul rifiuto della violenza, la partecipazione di massa della popolazione, l’utilizzo dei nuovi media e di campagne originali, collegamenti con media stranieri, disobbedienza civile e auto-organizzazione in strutture parallele fino a conquistare l’appoggio di apparati dello stato (media, polizia, sanità, ecc.), Otpor! si è conquistata la simpatia dei paesi occidentali. Prima di tutti degli Stati Uniti, ma anche dell’Unione Europea, che hanno finanziato il movimento tramite agenzie umanitarie, programmi particolari per la promozione della democrazia nel mondo, o tramite fondazioni filantropiche. L’aiuto era spesso “materiale”: stampa di volantini, magliette, bandiere.
Il modello Otpor! si è dimostrato efficace, per questo motivo, invece di farlo spegnere una volta abbattuto Milosevic, lo si sostiene avanti e lo si esporta nel mondo per utilizzarlo (stessi simboli, stessi principi) contro tutti gli altri “Milosevic”. E non ne mancano. Non so se Otpor! sia manovrato dagli Usa e Ue, al pari di un’agenzia, o è solo sostenuto perché faccia quello che sa fare. Del resto, finché rovesciare le dittature in maniera pacifica e promuovere la nascita della società civile e della democrazia rimarrà il suo obiettivo, la questione è secondaria.
E ora tocca all’Iran: Iranian Freedom Kit by OTPOR!
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